martedì 8 novembre 2011

Berlusconi farà la fine di Monoprobo?

E se Silvio Berlusconi facesse la fine di Marino Monoprobo? L'onnipotente  presidente del "Partito del Baricentro" a cui Enrico Waller nel romanzo "Lo starnuto" destina uno dei suoi più fragorosi e pirotecnici starnuti giustizieri?
Le analogie non mancano, anzi, c'è chi sostiene che dietro il nome di Monoprobo si nasconda in realtà proprio la figura di Silvio Berlusconi. Sarà così? Dovrete leggere il libro, ma intanto ecco alcuni passi del capitolo in cui il politico arriva al burrascoso capolinea della propria carriera...


Da tre giorni, effettivamente, tutti i giornali, le radio, le televisioni e i siti web non facevano altro che riportare l’appello di Marino Monoprobo, il più importante politico della nazione che voleva assolutamente incontrare Enrico Waller [...]
Era difficile resistere alla tentazione, anche per uno come Enrico, che quanto alla politica ne conosceva solo la parola per averla sentita alla tivù.
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Proprio in quei giorni Monoprobo, faceva scintillare il suo sorriso sintetico da tutti gli schermi televisivi, ripetendo ossessivamente l’invito: “Enrico, incontriamoci!”.
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La Bianca, però, era tormentata da una domanda silenziosa: “Perché quel politico, padrone di tutte le Tv e dei giornali del Paese, proprietario di mille e mille industrie, presidente di tre squadre di calcio, due di basket, di quattro fabbriche di automobili e persino di una pasticceria, voleva vedere ad ogni costo Enrico? Cosa gli mancava? Non aveva già tutto?”. Effettivamente, a Monoprobo non mancava proprio niente. Ma la Bianca ignorava che Monoprobo, oltre che ambizioso, era una delle persone più ingorde al mondo.
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Nonostante la totale indifferenza verso la politica, Enrico aveva già sentito parlare di Marino Monoprobo. Era stato in occasione di una trasmissione in tivù che la Bianca non aveva assolutamente voluto perdere e che i tre piccoli Waller si erano sorbiti come un antibiotico, molto contrariati dall’aver perso in quell’occasione una puntata fondamentale di Kranioman, un eroe dopato che distribuiva sganassoni senza un criterio distinguibile. [...]
All’ingresso di Enrico, un numero imprecisato di uomini palestrati con pantaloni neri, giacche nere e occhiali neri, si erano portati simultaneamente due dita all’orecchio destro e avevano cominciato a parlare con il bavero delle giacche, sussurrando frasi tenebrose come: “Ingresso soggetti ore dodici”. Oppure:  “Livello arancione all’ingresso principale”.
Uno solo si era limitato a dire: “Intanto butta la pasta”.
“Enrico Waller vuole vedere Monoprobo” aveva sparato la Bianca, infastidita da tanto inutile zelo negli uomini che garantivano la sicurezza del Presidente.
Gli oranghi, avendo bisogno di tempi più lunghi di ogni comune mortale per digerire una informazione, si erano avvicinati alla superstar in calzoni corti e avevano constatato, rimescolando sotto le giacche un’emozione ingovernabile che, effettivamente, si trattava proprio di “lui”, in carne ed ossa.
L’occhio digitale della telecamera che scrutava la hall aveva registrato tutti i movimenti e quasi subito un altoparlante si era messo a gracchiare: ”Il Presidente attende Enrico Waller nella Sala di Rappresentanza, terzo piano”.
I Waller erano entrati e poi usciti dall’ascensore nella consueta formazione a testuggine, con la Bianca a guidare il gruppo, i tre minorenni spalla a spalla appena dietro, e il dottor Monti a chiudere, con lo sguardo lesso che riservava alle novità architettoniche.
Un tappeto rosso, che odorava di nuovo, era stato appena steso tra l’ascensore e l’ingresso della Sala di Rappresentanza.
Monoprobo, nel tempo necessario ai Waller per salire con l’ascensore i tre piani necessari, aveva radunato lo staff che curava la sua immagine e si era fatto confezionare su misura un gessato grigio con camicia azzurra, sulla quale trionfava una sobria cravatta color amicizia. Appena entrati, lo scintillìo della perfetta dentatura del Presidente aveva abbagliato i Waller, che per un attimo, avevano dovuto abituare gli occhi a quella luminescenza celestiale.
Monoprobo era andato loro incontro con le braccia aperte e la Bianca era quasi certa di avergli sentito dire: “Lasciate che i vostri figli vengano a me”.
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Il presidentissimo (come gli piaceva essere chiamato) aveva un piano ben preciso: diventare l’amico preferito di Enrico. Se ci fosse riuscito, lo avrebbe avuto sempre al fianco durante i comizi elettorali e, naturalmente, la gente non avrebbe potuto fare a meno di votare in massa per lui, l’amico preferito di Enrico Waller. Per la riuscita del suo piano, doveva trasformare quella visita in uno show televisivo di portata mondiale.
Di nascosto e contro la parola data alla Bianca che aveva imposto il massimo riserbo, il politico aveva ordinato di installare decine di telecamere nascoste e che avrebbero trasmesso in diretta l’evento.
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I Waller non avevano nessuna idea precisa su come avrebbe dovuto essere il palazzo di un politico, ma questo di Monoprobo li aveva comunque spiazzati.
Pareva la casa dei sogni di tutti i bambini: giocattoli ad ogni angolo e distributori di gelati e bibite; tre piccole sale-cinema con schermi sui quali scorrevano le immagini dei cartoni animati in 3D; clown che si esibivano nei corridoi; equilibristi su fili tesi tra un piano e l’altro del palazzo; mimi che intrattenevano gli impiegati negli uffici; zucchero filato e caramelle che scendevano a pioggia dal soffitto.
Eppure i Waller si aggiravano guardinghi sopraffatti da tutta quella zuccherosa esagerazione.
Avevano la sensazione di essere dentro una mediocre imitazione della favola di Hansel e Gretel!
Insomma, si trattava, senza dubbio, della prima grande balla della giornata e il sensibilissimo naso di Enrico l’aveva subito intercettata manifestando un primo, leggero tremolio delle narici. Proprio quel piccolo, timido starnuto quasi muto aveva dato il via ad una sequenza di eventi che sarebbero stati ricordati come “la catastrofe Monoprobo.
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L’impressionante sequenza aveva avuto inizio con l’esagerata raffica di baci che, contro la sua stessa volontà, Monoprobo aveva cercato di stampare sulle guance  dei fratelli Waller, con l’unico risultato di lasciarli ricoperti da dense pennellate di fondotinta color del fuoco. I fratelli si erano guardati in faccia ed erano scoppiati a ridere spalmandosi a vicenda quelle colate di finta abbronzatura.
Monoprobo, invece, ossessionato dalla sua immagine pubblica e sapendo di aver dato l’ordine segreto di tenere una telecamera sempre puntata sul suo viso, aveva invano e freneticamente cercato di riparare le chiazze di pallore cadaverico che si erano aperte sulle sue guance, dopo l’imprevisto trasferimento.
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E lui, il presidentissimo claudicante, il politico con il parrucchino scollato, il famoso Monoprobo, privato sia del suo fondamentale cerone color del fuoco che della volontà da un piccolo quasi inesistente starnuto, aveva iniziato a confessare, senza potersi fermare: “Ho cominciato a rubare all’asilo...

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